1990
1990
8 dicembre 1990
"MARIA MADRE DELLA CHIESA"
Progetto di Raffaele De Maio junior
Realizzazione di Vincenzo junior Sorrentino
II titolo di quest'anno, MARIA, MADRE DELLA CHIESA, è di origine teologico: la Chiesa è il corpo mistico di Cristo; essendo Maria madre del capo, che è Cristo, è anche madre delle membra, che sono i Cristiani.
L'Artista, Raffaele De Maio, ha voluto mettere in risalto questo titolo, ponendo la Madonna su di una ricca carrozza barocca tramata da cavalli marini attraverso il mare della storia, spesso burrascoso.
Il Papa Giovanni Paolo II, che presenta la chiesa di S. Croce, ricorda il singolare avvenimento verificatosi l'11 novembre 1990 nella nostra città.
'O cuzzecaro, i Tammaro, 'o Pazzo, i Calavresi, 'a Patana, i Calafati, sono tutti lì. Rappresentanti di famiglie "storiche" che stanno da una vita "da sotto" al carro e che si ritrovano tutti il sette dicembre alle due del pomeriggio per spostare il carro votivo dell'Immacolata nella navata centrale della Basilica di Santa Croce.
Sono loro i "vecchi" quelli che hanno maggiore esperienza: badano a che i giovani "portino" il carro e non si "appendano"; conoscono tutti i segreti delle delicate manovre che il carro deve compiere. Stanno tutti lì davanti al carro, in un punto cruciale. La palma della maggiore anzianità se la contendono Raimondo Formisano "'o Cuzzecaro" e Michele Marini 'o Calavrese" sono quaranta anni che trascinano il carro per le vie cittadine. Ma non scherzano nemmeno i sette figli di Ciro Balzano i "Calafati", i sei fratelli Frulio "Tammaro"; Gaetano Madonna detto "'o Pazzo", tutta la famiglia di Gennaro Bordello "'a Patana" che hanno sulle spalle - è proprio il caso di dirlo - più di venti
anni di "devozione".
Molti di loro hanno cominciato da bambini portando i carri che uscivano dalle chiese alla festa di Ognissanti o allestendo quei piccoli carretti che ancora oggi seguono il carro principale dell'Immacolata. "Lo facciamo sempre con la stessa fede e lo stesso amore per la Madonna, dicono in coro. Per nessuna cosa al mondo, potremmo mancare".
Anche chi ormai è troppo anziano per "stare da sotto" non rinuncia ad essere presente. Come Ciro Balzano "'o Calafato" che ha guidato per anni il carro con il suo campanello e che ancora oggi che ha dovuto passare la mano lo segue passo passo. Lui ha sette figli "sotto". La tradizione di famiglia continua. O come Giovanni Falanga che ricorda con orgoglio che cento anni fa fu suo nonno a questuare per rifare le vesti all'Immacolata. E di come lui stesso trent'anni fa ando "casa casa" per raccogliere i fondi per la corona di oro massiccio che poi Giovanni Ascione ebbe l'onore di disegnare e realizzare.
La folla aumenta intorno al carro. C'è Raffaele de Majo che lo ha progettato. Ha gli occhi fissi sulla sua opera e non smette nemmeno per un istante di guardarla. "Ho riunito sul carro - dice - il mare e il corallo che hanno sempre caratterizzato la nostra civiltà. La mia - continua - è una gioia immensa. Ho lavorato per tutti perché la Madonna è di tutti noi" E rilancia un' idea: "in America la comunità torrese è legatissima a quest'immagine. Sarebbe molto bello portarla negli Usa e allestire lì un carro, Per i torresi di laggiù un sogno diverrebbe realtà. Naturalmente tutto si dovrebbe fare a maggio. L'otto dicembre l'Immacolata deve stare qui, non si discute". Arriva anche l'esecutore del carro Vincenzo junior Sorrentino il "paratore". "E" l'ultimo rappresentante di un mestiere che sta scomparendo-dopo di luinessuno sarà in grado di prendere il suo posto". La ditta Sorrentino esegue il carro dal 1861 quando la tradizione ebbe origine. Il mestiere se lo sono trasmesso da padre in figlio per un secolo. Prima Vincenzo Sorrentino senjor, poi Antonio il padre dell'attuale Vincenzo. E sono proprio quest'ultimo, Gennaro Ascione (un grande appassionato di musica lirica) e Liberato Zeno gli ultimi rappresentanti di quella tradizione tutta torrese degli apparatori di feste. Eppure qualche giovane desiideroso di apprendere c'è ancora, come Luigi Ascione, il figlio di Gennaro, e Riccardo Lamberti che qualche anno seguono momento per momento la realizzazione del carro. E' proprio di Luigi Ascione il modellino della Basilica che il Papa offre alla Vergine. Intorno al carro si aggira il popolare Aniello Garofalo, torrese in esilio in Toscana, che non resiste al fascino della festa e corre sempre a Torre per l'Immacolata. Tutti lo riconoscono e gli fanno festa.
Sono ormai le due e dieci del pomeriggio, la chiesa è gremita. Fuori piove. Don Giosuè (è tutto merito suo se oggi 500 portatori sono organizzati alla perfezione) invita alla preghiera e al silenzio. Suona la campanella: è il segnale atteso dai portatori. La folla esplode; con un lungo applauso accompagna il loro sforzo. Di solito l'enorme carro (lungo dieci metri, largo duemetrieottanta e alto sette) scivola senza intoppi nella navata centrale. Quest'anno non è andata proprio così. La manovra è nata male, il carro si è come incastrato senza riuscire a girare. La gente è ammutolita, ci sono stati attimi di tensione. Poi il carro si è sbloccato. Ne ha fatte le spese lo stucco di un pilastro. Poco male, comunque. L'enorme macchina da festa ha cominciato a virare solennemente. E una mano sotto il carro - anche se solo simbolica - hanno voluto mettercela un pò tutti: i portatori ormai troppo anziani, i giovani, anche Oreste Langella che tre anni fa subì un trapianto cardiaco non rinuncia a dare la sua spinta. L'organo e le campane suonano a festa: il carro è finalmente in posizione per essere ammirato da tutti. Il resto del pomeriggio trascorrerà così con migliaia di persone in Basilica per pregare e discutere del carro. La giornata dell'otto dicembre comincia molto presto, ma per qualcuno non è festa senza trascorrere la notte a vegliare in Basilica. Alle 4,30 del mattino c'è la prima messa dedicata ai giovani. La chiesa è già a quell'ora gremitissima. Fuori i pasticceri sfornano frolle e ricce in quantità. Fa parte del rito tornarsene a casa di buon mattino con un vassoio di sfogliatelle calde di Blanco o di Fulgente. Beccai e pescivendoli sono già in attività. La banda musicale di Torre del Greco da fondo al suo repertorio. Arrivano anche gli zampognari per la ciaramellata davanti al carro. Il tempo preoccupa ma i vecchi marinai -quelli con la faccia bruciata dalla salsedine - rassicurano: "Ci sono tutte le stelle in cielo; domani sarà buon tempo, il carro potrà uscire". Ma i vecchi lupi di mare vengono traditi: l'alba svela un cielo pieno di nubi e una giornata livida. Uscire, non uscire, questo il dilemma. Alle dieci si riunisce in sacrestia un summit. Ci sono il preposito curato, il sindaco, le forze dell'ordine. Il comandante della capitaneria' informa che non dovrebbe piovere e che per l'indomani si prevede un peggioramento. La decisione finale spetta al preposito: si esce.
Il primo turno di portatori prende posizione. Alle 10,45 il carro si affaccia sulla piazza. Apre la processione la congrega del S.S. Sacramento con i suoi paramenti purpurei: una tradizione secolare che continua. Di seguito la banda che intona un motivetto familiare ai torresi: la "musica del carro", poi don Onofrio Langella, don Giosuè Lonbardo, don Alfonso Punzo. Dietro il sindaco e il gonfalone della città. Un cordone di portatori permette al carro di farsi strada tra la folla. Fiori, coriandoli, campane, fuochi d'artificio accolgono la Madre di Cristo che attraversa le strade della città. La statua della Madonna significa molto per i torresi che la venerano da tre secoli.
Quest'immagine dell'Immacolata fu l'unica cosa che si salvò dalla distruzione della Basilica causata dall'eruzione del Vesuvio del 1794. Rappresenta la continuità tra il passato e il presente, le radici storiche di una comunità. Il carro si ferma davanti alla chiesa di San Michele ,Armando - il vecchio sacrestano - porge il turibolo a don Alfonso che benedice il carro. Armando piange. "E" forse l'ultimo carro -dice - che vedrò". Chi lo conosce afferma che dice sempre così. Poi un altro momento di grande suggestione: i "calavresi" spingono il carro nel largo Santissimo, teatro dei loro commerci quotidiani. Quasi lo incastrano in quello spazio angusto. Anche quest'anno la Madonna è venuta a benedire le loro case le loro botteghe di fruttivendoli. La commozione è grande. Poi la processione riprende. Quando il carro arriva a Portosalvo comincia a piovere. Prima qualche goccia, poi sempre più fitto. Bisogna tornare di gran carriera in Basilica. Si risale la ripida via Comizi, un ultimo sforzo dei portatori e le scale della chiesa vengono superate di slancio.
Per quest'anno la festa è proprio finita.