Eruzione 1861

8 Dicembre 1861
Il popolo andava gridando ed implorando
l'otto di dicembre
un gran rumore
si sente
per tutta la città
O Mamma Immacolata
noi siamo ì tuoi devoti
di questo terremoto
ci hai da liberare.


Il Balzano racconta:
«Il dì otto dicembre, mentre la maggior parte del popolo traeva nel nostro maggior tempio e nelle chiese minori, dove si celebravano i misteri divini in onore della Vergine Immacolata, alcune scosse di terremoto diedero il segnale di questa eruzione, la quale sulle prime non fu creduta tale.
Le scosse tenevano l'una dietro l'altra, con un crescendo spaventevole; le campane degli orologi suonavano da sè e gli edifici tremavano dall'alto in basso.
L'evento si manifestò con un boato formidabile, alle ore ventidue del pomeriggio. Sulle vecchie formazioni del monte Somma, ai lati del Vesuvio, si aprirono nove spaventevoli bocche, da cui erano lanciati, tra le frequenti folgori, proiettili urenti, cenere, lapilli, pini densi di fumo, che concentrandosi e sollevandosi ad altezze procaci, ricadevano sul paese in forma di pioggia fittissima e polverosa. Dai centri di queste bocche la lava, simile ad una fiumana ignea, immensa, imponente cominciò a riversarsi e, ondeggiando sul rapido declivio, distruggendo campagne ed atterrando case, si dirigeva nel suo corso devastatore sui ridossi montani, sovrastanti Torre del Greco.
Il mare si ritirò dal lido, e gorgogliava bollendo fragorosamente; i fluidi aeroformi avviluppavano le acque dei pozzi e delle cisterne e le avvelenavano, saturandole di anidride carbonica ed elevandone la temperatura.
Vi fu gran moria di pesci, d'uccelli e d'animali domestici; l'acqua della nostra unica sorgente, il Dragone, subì tutte le variazioni di temperatura e di inquinamento, prodotto da un vario genere di sprigionarsi di gas nel sottosuolo.
Di ventiduemila Torresi appena pochi rimasero in quei momenti in patria.
Abbiamo tutta ragione di credere che, seguitando così, l'eruzione del 1861 sarebbe riuscita a Torre non meno esiziale che quella del 1794.
È meraviglia invece che la lava in quella notte medesima, ammonticchiandosi su quell'ampie valli, che si dicono di Curtoli, s'arrestasse prodigiosamente.
Però all'arrestarsi dell'eruzione, le conseguenze non s'arrestarono.
La fenomenologia vulcanica continuava nella stessa intensità, anzi accentuata. Il tremuoto, che, secondo il Palmieri, era effetto del sollevamento del suolo, ancora si ripetea.
Ma quando questi fenomeni al cadere del mese finirono, i Torresi rimpatriarono, e se deploravano la perdita di molti e preziosi beni, si consolarono intensamente di poter sull'istesso patrio suolo rivedersi, riabbracciarsi con i congiunti e gli amici, senza che neppure uno fosse perito, e sciogliere un inno di ringraziamento solenne a Dio ed alla Vergine Immacolata, da cui piè s'erano allontanati, deponendo l'ultima prece, e raccomandando la vita loro e quella dei cari figli.
Abbiamo già detto che la lava si arrestò prodigiosamente, e non è fallace la parola. Se l'immane torrente si fosse arginato per innata e poderosa forza di natura non discutiamo; può essere e sarà stato. Ma, prescindendo da questa disquisizione scientifica, non possiamo negare che un legame morale vi sia stato fra il fatto stesso del subito arrestarsi della lava sul momento più propizio di riversarsi e la preghiera fervida dei Torresi all1mmacolata, col voto di dedicarle l'annua processione e la relativa grandiosa festa, quando fossero stati preservati da questo castigo.» Termina qui il racconto del Balzano.
Al giorno 11 tutta l'eruzione era spenta. In quell'occasione l'ex re Francesco II inviò mille ducati al Cardinale di Napoli per i danneggiati di Torre del Greco. Anche la matrigna del re, la regina Maria Teresa diede mille franchi, cinquecento il conte di Trani, duecento quello di Caserta, cento quello di Girgento, cento quello di Trapani. E i fuoriusciti napoletani aggiunsero tutta la loro moneta sottratta all' amaro pane dell' esilio.
L'eruzione terminò il 31 dicembre di quell' anno e Torre del Greco fu diroccata quasi interamente dal violento bradisismo e dai terremoti.
Alla fine di dicembre gli abitanti rientrarono in città e iniziarono la ricostruzione. Essi rifiutarono il soccorso loro inviato dall'ex re di Napoli Francesco II di Borbone e ne furono ricompensati dall'Italia con larga sovvenzione. Ed in memoria della generosità nazionale elevava la città di Torre del Greco un semplice e modesto monumento di pietrarsa che si osserva a Capo Torre. Il 22 febbraio poi 1863 fu aperto l'asilo d'infanzia, sotto il titolo della Visitazione, nel monastero della Madonna delle Grazie e fu riconosciuto ente morale il 23 dicembre 1865. Oggi è scomparso.
La stessa eruzione la narra lo storico napoletano Giacinto De Sivo, acceso filoborbonico antiunitario, che nel 1863 pubblicò una Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861. Anch'egli attesta che la lava prima dell'alba del 9 improvvisamente si arresta, dopo aver provocato grandissimi disagi e perdite di roba; ma non ci furono morti; onde questo e l'arrestamento della lava ascrissero a miracolo dell'Immacolata.
I fratelli Giuseppe e Francesco Castaldi, torresi, testimoni oculari, che nel 1890 pubblicarono una Storia di Torre del Greco raccontano che l'eruzione del 1861 è celebre per la gran forza dei boati e tremuoti che l'accompagnarono» .
I Torresi, l'anno seguente, quando avevano già in parte riparato i danni patiti con le ripetute e provvidenziali risorse del loro commercio di corallo, e quando la generosità italiana era venuta ad alleviare i mali dei più infelici, sciolsero la prima volta a loro voto ed iniziarono la magnifica festa con la solenne processione dell'Immacolata, recata dai marinai sul carro trionfale.
Era parroco allora don Salvatore Noto, mentre la città era guidata dal sindaco Andrea Vitiello che rimase in carica fino al 12-5-1864.
Da quel giorno l'amore per l'Immacolata mai venne meno, né la gratitudine, né l'omaggio.


8 DICEMBRE 1862


Anniversario, leggiamo ciò che scrisse la rivista «La scienza e la Fede».l «Ma il giorno otto dicembre riconduceva il primo anniversario della grave sventura incolta agli abitanti di Torre del Greco, quando minacciati da spaventevole eruzione del Vesuvio, e da orrendi scotimenti di terra, furono costretti a darsi a precipitosa fuga per campare dalle rovine. Quel buon popolo ascrive a singolare favore della Vergine di averne avuta salva la vita; epperò animato e incoraggiato dal suo Clero, la cui bella condotta e zelo si son fatti sempre conoscere, e massime in questi tempi di tristi zia, ha voluto con solennissima pompa festeggiare questo sacro giorno, per rendere alla Madre Immacolata le debite grazie del segnalato favore.
Raccolta una vistosa somma da erogar si a questo scopo, han fatto dapprima gli abitanti di Torre lavorare alla Immagine di Maria una nuova veste, sul costume greco, del valore di trecento ducati. Il tempio maggiore, ristorato dalle sue rovine, aprivasi la prima volta nel giorno del sacro novenario, ornato pomposamente dé più preziosi arredi. In mezzo sorgeva il trono della Regina Immacolata lavorato a tutto gusto, e sopravi la venerata Immagine circondata da un numero immenso di ceri. Il sacro novenario è stato predicato dal chiarissimo oratore napoletano don Domenico Scotti Pagliara, e il popolo vi accorreva in tanta folla, che quel vasto tempio già un 'ora prima della predica, cioé alle quattro del mattino, era così zeppo da non capire più persona.
Le comunioni ascendevano a più migliaia in ogni giorno, e nel giorno otto poi non si potettero numerare. In quel dì la chiesa rimase aperta in tutte le ore per dare sfogo alla pietà e devozione di quei buoni fedeli. Alle nove vi fu Messa solenne, accompagnata da annonioso canto gregoriano, e fu disposto che la processione uscisse di chiesa un'ora avanti il mezzodì, perché a quell'ora appunto nel passato anno fu intesa la prima scossa di terremoto, e rientrasse alle due pomeridiane, quando si aprì la terra a vomitare orrendissima lava di fuoco e bitume. La Sacra Immagine era preceduta in bell'ordine da cinque congreghe, da religiosi Cappuccini e Teresiani che hanno colà conventi, dal Clero, dal Capitolo della Collegiata. La seguivano il Corpo municipale, e la Guardia nazionale in grande unifonne. Ed è da notare che essendo stata questa una processione votiva così vollero pigliarvi parte anche le donne; il perché queste in grandissimo numero e di ogni ceto seguivano la processione così alla rinfusa coi loro torchi accesi in mano, quali abito abbietto, come fuggirono allora, quali a piè scalzi, e tutte col capo scoverato recitando rosarii e preghiere per tutte le vie.
Era uno spettacolo commoventissimo, che cavò le lagrime anche a più duri di cuore. Da balconi e dalle finestre di tutte le case pendevano ricchi drappi di seta, tutte le vie erano sparse di fiori ed in moltissimi siti eransi fonnati de piccoli altarini, con immaginette della Immacolata, ed a pié una offerta o in cera o in denaro da farsi a Maria. In quel giorno molte famiglie avevano votato un digiuno in pane ed acqua, l'osservarono rigorosamente».
Diverse forse potrebbero essere le spiegazioni o i commenti sul prodigioso arresto della lava, per usare l'espressione di Don Camillo Balzano, dei fratelli Castalda e del De Sivo.
Siamo del parere però che qualcosa che supera l'orizzonte terreno accadde in quel lontano 8 dicembre 1861: una processione votiva e un carro trionfale non nascono per caso.
Sta di fatto che la manifestazione dell'8 dicembre, atto di devozione e ringraziamento alla Vergine Immacolata, specialissima e primaria Patrona, come la invoca il Balzano, è ancora attuale. Colei che li attira è l'Immacolata, il motivo è un voto, l'intenzione è il ringraziamento.
Al di là di tutto però unica ci sembra la motivazione fondamentale, che è quella di mendicare, a colei che accettò di compiere su di sé la volontà di Dio, il dono della fede nel suo figlio Gesù, e di riporre nelle sue mani materne, la fatica, il dolore, la speranza di ogni giorno.
La missione materna della Vergine spinge il popolo di Dio a rivolgersi con fIliale fiducia a colei, che è sempre pronta ad esaudirlo con affetto di madre e con efficace soccorso di ausiliatrice.
Dio l'amò ed in Lei operò grandi cose; l'amò per Se Stesso e l'amò anche per noi; la donò a Se Stesso e la donò anche a noi.
Nel segno e nel sorriso luminoso dell'Immacolata, quindi, la speranza di Torre del Greco.
Gli avvenimenti accaduti a Torre l'8 dicembre 1861 sono ricordati dal monumento posto a Capotorre nel 1862, e da una lapide posta sulla facciata della sagrestia di S. Croce 1'8 dicembre 1961, nel I Centenario dell' eruzione.